I nemici di papa Francesco

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Foto di Kai Pilger su Unsplash

Oltre la falsa unanimità

L’intervista rilasciata dal cardinale Ruini al «Corriere della Sera», all’indomani dei funerali di papa Francesco, riporta alla realtà di una Chiesa che in tutti questi anni è stata e continua ad essere divisa tra i sostenitori della linea, sia religiosa che politica, inaugurata da Bergoglio e i suoi più o meno estremi oppositori.

Ruini – a capo dei vescovi italiani per ben sedici anni, dal 1991 al 2007, prima con Giovanni Paolo II, poi, dopo la sua morte, con Benedetto XVI – è espressione di uno stile e di posizioni che papa Francesco ha cercato di cambiare.

È naturale, dunque, che la sua voce suoni critica verso questo pontificato. Ma la franchezza con cui si è pronunziato dimostra che egli sa di avere dietro le spalle una componente non piccola della Chiesa di oggi.

«Bisogna restituire la Chiesa ai cattolici», ha detto senza mezzi termini il cardinale.  «Francesco è sembrato privilegiare i lontani a scapito dei vicini», per di più «con modalità che hanno irritato chi per anni si era speso a difendere le posizioni cattoliche» e che «ha percepito una scelta netta di Bergoglio verso l’apertura alle novità. E molti lo hanno rifiutato per rimanere fedeli alle loro convinzioni».

da Wikimedia Commons

Ad essere in gioco, ha spiegato Ruini, è «la forma cattolica della Chiesa», sia per quanto riguarda «l’adesione alla dottrina» sia nel modo di concepire «le strutture ecclesiali, a partire dal papato e dall’episcopato». «Sono capisaldi che oggi spesso non vengono compresi e sono contestati. Ma così si mina la certezza della Verità e si toglie la gioia della fede. Non possiamo accontentarci di una fede problematica».

Siamo dunque davanti a una netta alternativa tra i due modi di vedere la Chiesa e i suoi rapporti col mondo. Prenderne coscienza è molto importante per dissipare l’illusione ottica, creatasi intorno alla bara di Francesco, di una sostanziale unanimità nella condivisione delle sue scelte. 

Questo riguarda già la politica. Personaggi che, come Trump, erano in prima fila davanti a quella bara o, come Giorgia Meloni, hanno addirittura vantato  pubblicamente un rapporto di profonda amicizia e sintonia con il defunto pontefice, in realtà nella loro attività di governo si sono sempre posti in totale antitesi con il suo magistero in punti essenziali, come l’accoglienza ai migranti, la corsa agli armamenti, la redistribuzione della ricchezza contro l’ineguaglianza tra ricchi e poveri, la custodia della terra mediante una ecologia integrale, la difesa degli innocenti civili massacrati a Gaza. Essi, nella divisione tra amici e nemici di Francesco, appartengono senza alcun dubbio al secondo gruppo.

Il nuovo papa dovrà decidere se continuare nella linea di coraggiosa e aperta rottura con questi potenti, oppure attenuarla fino a ridurre questa rottura a un generico, benevolo richiamo al rispetto di astratti valori, su cui tutti a parole sono d’accordo.

Dai “valori non negoziabili” all’annuncio dell’amore di Dio per ogni essere umano

Ma la radice del conflitto a livello politico si trova nel diverso modo di intendere il messaggio che la Chiesa deve dare al mondo. Se qualcuno, fino al febbraio del 2013, – la data delle dimissioni di papa Ratzinger, – avesse chiesto in giro quale fosse l’essenziale di questo messaggio, la risposta della grande maggioranza avrebbe indicato senza esitazioni tre temi: la difesa della vita nascente e morente (contro aborto ed eutanasia), il primato della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna (contro le nozze gay) e la libertà di educazione (a favore delle scuole paritarie). 

Erano i cosiddetti “valori non negoziabili”, fortemente sostenuti proprio dal cardinale Ruini, e su cui, in Italia, si era costituita una sorta di alleanza con la destra guidata da Silvio Berlusconi, che su questi temi ostentava una sintonia con la Chiesa.

Proprio mentre contribuiva – soprattutto attraverso le televisioni commerciali del “cavaliere”  e il suo esempio personale – a determinare quella «desertificazione valoriale» denunciata dall’allora presidente della CEI, card. Angelo Bagnasco, nella sua Prolusione al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana (24 gennaio 2011).

Questa scelta di campo, peraltro, trovava la sua copertura nello scivolamento della cosiddetta “sinistra”, orfana del marxismo, in posizioni molto più simili a quelle del vecchio partito radicale (da sempre ritenuto di destra), che mettevano in secondo piano i diritti sociali per puntare sulla difesa di quelli civili, in una prospettiva spiccatamente individualistica, minacciando effettivamente quei valori che la Chiesa era costretta a difendere come “non negoziabili”.

Con papa Francesco si è avuta una svolta che ha disorientato molti credenti e suscitato in altrettanti non credenti l’illusione di un adattamento alle loro posizioni. In realtà quella di Bergoglio non era una rinuncia alla dottrina precedente, ma il suo inserimento in una prospettiva più ampia.

Già nell’intervista alla «Civiltà cattolica» nel settembre del 2’13, poco dopo la sua elezione, il nuovo papa mostrava di essere consapevole delle critiche che fin da allora montavano sordamente in alcuni ambienti ecclesiastici: «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto».

Questo contesto era l’annuncio salvifico dell’amore di Dio per ogni uomo e ogni donna. Proprio per essere fedele al vangelo Francesco metteva in primo piano la strenua difesa della vita umana in tutta la sua ampiezza, e non solo nella fase nascente o morente.

Dedicando il suo primo viaggio ai poveri naufraghi di Lampedusa, egli faceva diventare centrale un problema su cui la Chiesa istituzionale non aveva preso mai posizione con una forza paragonabile a quella usata per i “valori non negoziabili”. Il migliore commento  di questa scelta si può trovare nel discorso rivolto da Francesco alll’Associazione “Scienza e Vita” nel 2015: «Quando parliamo dell’uomo», ha detto, «non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana. 

È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente».

Fedele al centro della visione cristiana, secondo cui, con l’incarnazione,  Dio va cercato e venerato nel volto degli esseri umani di cui Egli ha voluto assumere il destino, soprattutto dei più poveri e rifiutati, Francesco ha abbracciato questo destino come un mistero sacro, irriducibile a tutti gli schemi ideologici.

Questo ha sottratto la Chiesa agli opposti schieramenti politici, in realtà molto meno distanti tra loro di quanto a parole sembrasse. Basta pensare alla continuità tra gli accordi siglati con la Libia del  governo “di sinistra” Gentiloni, attraverso il ministro Minniti, e la loro conferma  ed estensione da parte del governo Meloni. Ma anche in campo etico, con l’«Amoris laetitia», si è usciti dal rigido moralismo degli «assoluti morali», proclamati da Giovanni Paolo II nella «Veritatis splendor», senza cedere al relativismo, oggi così diffuso, che giustamente Benedetto XVI aveva considerato il maggior pericolo per la  nostra società. 

Con Francesco la Chiesa ha seguito una propria via, irriducibile sicuramente  a quello che della sua svolta hanno compreso esponenti del mondo “laico” come Eugenio Scalfari, ma anche agli schemi dei conservatori, come ha evidenziato la rabbiosa e spesso sguaiata opposizione  nei suoi confronti – ancora ribadita dopo la sua morte – da parte dei giornali di destra. 

Falso papa ed eretico

Si deve a questo, probabilmente, se, fin dall’inizio, questo papa è stato oggetto di una contestazione “dall’interno” che non ha precedenti nella storia della Chiesa degli ultimi secoli.

La più estrema, che ha trovato e continua ancora oggi a trovare seguito – anche grazie a giornali come «Libero», che le hanno dato spazio – è quella di essere un usurpatore, che ha occupato il soglio pontificio senza averne alcun titolo.

L’argomento principale per sostenere che Francesco non è mai stato papa è che il suo predecessore, Benedetto XVI, in realtà non avrebbe mai cessato di occupare questa carica, neppure dopo quelle che tutti hanno considerato le sue dimissioni. Perché ciò a cui Benedetto ha dichiarato di rinunciare, stando al testo del documento ufficiale , non è il munus di papa –  il suo incarico di successore di Pietro – , ma solo il ministerium, che, secondo il diritto canonico, ne è solo l’esercizio pratico. E siccome le due funzioni sono inscindibili, papa Ratzinger avrebbe inscenato delle dimissioni della cui nullità era perfettamente consapevole.

Perché lo avrebbe fatto? Sempre secondo i propugnatori di questa versione, egli, messo con le spalle al muro  dagli attacchi provenienti dall’interno della Curia, era certo che, alla sua morte, un gruppo di cardinali – il cosiddetto “gruppo di San Gallo”, collegato alla massoneria globalista mondiale –  avrebbe manipolato il successivo Conclave, facendo eleggere (come poi è avvenuto) un candidato da loro voluto. Da qui la sua scelta di renderlo in partenza nullo, privandolo della condizione indispensabile della “sede vacante” e rimanendo ancora a capo della Chiesa nell’unica forma – l’incognito – che gli permetteva lo strapotere dei suoi nemici.

Ma, al di là – e alla radice – di queste contorte ricostruzioni, degne di Dan Brown, la motivazione di fondo dell’opposizione nei confronti di papa Francesco è stata l’accusa di essersi discostato dalla dottrina tradizionale della Chiesa. Nelle forme più estreme, essa ha portato al disconoscimento  di questo papa, perché «eretico», in quelle più  “diplomatiche”, di cui abbiamo visto un esempio nell’intervista di Ruini, a un richiamo – che adombrava una critica – a non inseguire le «novità».

In un’intervista del 2016 Antonio Socci – un noto esponente del fronte degli oppositori – obiettava alla linea di Francesco che «l’annuncio cristiano è uno (…). E la Chiesa in duemila anni ha battezzato il mondo intero così. Non può esserci un altro Cristo che viene scoperto oggi, diverso da quello vero, quello di sempre».

L’annuncio evangelico e le sue interpretazioni

Quello che, ieri come oggi, sembra sfuggire, a Socci e a tanti critici di Francesco, è che l’unicità dell’annuncio cristiano non ha mai escluso che di esso si siano date, nei secoli, interpretazioni diverse, in base ai differenti contesti culturali, e che non si deve mai scambiare l’una o l’altra di queste interpretazioni con l’annuncio stesso, assolutizzandola.

Certo, l’importanza fondamentale  che si dà alla coscienza nell’«Amoris laetitia», rispetto alle regole oggettive, costituisce una novità rispetto alla dottrina degli «assoluti morali» di Giovanni Paolo II. Ma anche questa dottrina era solo una interpretazione del vangelo, come lo era del resto quella dei “valori non negoziabili».

Il criterio per valutare la fedeltà di un papa alla “sana dottrina” non è il mantenimento del passato, ma la conformità all’insegnamento di Gesù. E proprio ad esso Francesco, con le sue “novità”, si è rifatto, in modo molto più fedele e convincente, quando ha difeso quei poveri e quei migranti con cui Cristo si è indentificato: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35).

È vero: «Non può esserci un altro Cristo che viene scoperto oggi, diverso da quello vero, quello di sempre». Ma ci può essere una Chiesa che oggi comprende meglio che Cristo, «quello vero, quello di sempre», è nelle persone emarginate e rifiutate, nel cui  volto papa Francesco lo ha cercato.

3 replies on “I nemici di papa Francesco”

  • Un modo di elencare buio e luce secondo un proprio modo d’interpretare le volontà dei Papi defunti. Vedremo quando verrà il nuovo eletto dove ci collocheremo senza porci a destra o a sinistra politicamente.
    Ciò che è avvenuto di continuo durante la conclusione della vita di PAPA George Francesco

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