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Tintori – Giuseppe Dossetti, profeta del Novecento

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A cent’anni dalla sua nascita, quale attualità ha l’eredità di Giuseppe Dossetti, padre della patria e teologo attento ai lavori del Concilio Vaticano II?

 Cento anni esatti sono passati dalla nascita di Giuseppe Dossetti (Genova, 13 febbraio 1913). Desideriamo non perdere questa occasione per ricordare una personalità così poliedrica, la cui eredità è ancora molto da valorizzare.

 La vita di Dossetti è stata un continuo raccogliere germi di un futuro del tutto diverso dal suo passato. Studioso e professore di diritto, dopo aver partecipato alla Resistenza fu membro dell’Assemblea costituente e deputato nelle file della DC, di cui rimase vicesegretario fino al 1951, in contrapposizione dialettica con De Gasperi. In quell’anno scelse di ritirarsi dalla vita politica e accademica e a Monteveglio (BO) fondò la comunità monastica della Piccola Famiglia dell’Annunziata; nel 1959 fu ordinato sacerdote dal card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, di cui fu collaboratore durante il Concilio Vaticano II. Dalla fine degli anni ’60 si dedicò alla vita monastica, fino a quando, nel 1994, la sua voce tornò a farsi sentire in difesa della Costituzione. Morì a Monteveglio il 15 dicembre 1996.

 

Figura complessa, segno di contraddizione per i contemporanei e i posteri in ragione delle sue posizioni forti e libere ispirate alla radicalità evangelica, Dossetti «ha saputo scuotere, inquietare, aprire orizzonti, promuovere e sostenere slanci» (C. M. MARTINI, «Giuseppe Dossetti: un profilo spirituale», in Aggiornamenti Sociali 1998 [1] 85). Un profeta, talvolta non in sintonia con importanti settori del suo partito e della Chiesa, ma sempre animato dalla ricerca di Dio, anche a costo di compiere scelte coraggiose come la rinuncia alla vita politica prima e il dedicarsi a quella monastica dopo.

 

Uomo politico e di Chiesa

 Il suo profilo può sinteticamente tracciarsi attorno alla sua esperienza politica ed ecclesiastica. Sul primo versante Giuseppe Dossetti, membro dell’Assemblea costituente (25 giugno 1946-22 dicembre 1947), non considerò mai la politica in una logica di “cristianizzazione” della società o di ideologia cattolica; è questo l’impegno che mise nella stesura degli artt. 2 e 3 della Costituzione, che recepiscono un’idea pluralista della società, totalmente rispettosa dei diritti originari della persona, singola o associata. Questi diritti sono collegati a un corrispettivo di solidarietà, con l’obiettivo di raggiungere un’uguaglianza sostanziale, non solo formale, tra i cittadini-persone. A Dossetti, interlocutore privilegiato della Segreteria di Stato vaticana, si deve poi l’impostazione dell’art. 7, che regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica.

La sua azione politica si dedicò anche alla ricerca di una risposta alla grande crisi dell’Occidente originatasi negli anni ’30, che comportò un ripensamento integrale della politica. Per Dossetti questo impegno si esplicitò nella ricerca di una sintesi propulsiva tra Stato e mercato, o nell’individuazione di posizioni innovative sullo scenario internazionale, privilegiando in politica estera la prospettiva europea rispetto a quella genericamente occidentale, e le dimensioni politiche su quelle militari (ad esempio nel 1949 si oppose all’ingresso dell’Italia nella NATO).

Sul versante dell’impegno ecclesiale, Dossetti partecipò al Concilio Vaticano II in qualità di teologo di Lercaro. Durante i lavori del Concilio si comportò come un “partigiano” (Cfr A colloquio con Dossetti e Lazzati, intervista di L. Elia e P. Scoppola, il Mulino, Bologna 2003, 106), come lui stesso si definì. I nodi tematici sui quali il suo contributo è stato particolarmente significativo vanno dal rilievo determinante del battesimo come fonte dell’appartenenza alla Chiesa, alla collegialità episcopale. Dossetti si adoperò perché, attraverso la riforma liturgica e la sua riorganizzazione interna, la Chiesa recuperasse un’essenzialità e una povertà che ne rendesse più accessibile il messaggio da parte degli uomini di allora (e di oggi). Mai come in quegli anni attinse all’esperienza dell’Assemblea costituente, per proporre innovative e funzionali modifiche regolamentari nello svolgimento dei lavori conciliari. Per Dossetti il Concilio «finì troppo presto»; nell’ultimo trentennio della sua vita fu la Piccola Famiglia dell’Annunziata il luogo in cui visse più compiutamente la riforma conciliare.

 

Dossetti oggi: sentinella di speranza

 In occasione dell’ottavo anniversario della morte di Giuseppe Lazzati, il 18 maggio 1994, Dossetti pronunciò a Milano quello che resta il suo discorso più conosciuto: «“Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,1). Riflessione cristiana sull’Italia di oggi» (in Aggiornamenti Sociali, 7-8 [1994] 485-498). La sentinella è consapevole che la notte è notte, tuttavia non rimpiange il giorno passato; è protesa in un durevole atteggiamento vigile, e, senza illudersi in un immediato passaggio dalle tenebre alla luce, riesce a cogliere le prime luci dell’alba. Questa immagine biblica è un monito per i nostri giorni, alla vigilia delle imminenti elezioni politiche, a saper distinguere “le notti” che anche la politica e la Chiesa attraversano, a vigilare affinché in questi momenti bui sfuggiamo alla tentazione di soluzioni facili e di anticipazioni tattiche, a non lasciare che la nostra capacità critica si smorzi, ripiegando nostalgicamente sul passato, ma a mantenere la lucidità necessaria per riconoscere i segni dell’aurora.

Nel ripensare a quali fossero le cause profonde della notte italiana, in quegli anni ’90, e riprendendo il pensiero di Lazzati di dieci anni prima, Dossetti così si esprimeva: «una porzione troppo scarsa di battezzati consapevoli del loro battesimo rispetto alla maggioranza inconsapevole. Ancora l’insufficienza delle comunità che dovrebbero formarli; lo sviamento e la perdita di senso dei cattolici impegnati in politica, che non possono adempiere il loro compito proprio di riordinare le realtà temporali in modo conforme all’evangelo, per la mancanza di vero spirito di disinteresse e soprattutto di una cultura modernamente adeguata […]; e infine l’immaturità del rapporto laici-clero, il quale non tanto deve guidare dall’esterno il laicato, ma proporsi più decisamente il compito della formazione delle coscienze, non a una soggezione passiva o a una semplice religiosità, ma a un cristianesimo profondo e autentico e quindi a un’alta eticità privata e pubblica» (pp. 491 s.).

Un’analisi che scuote e tuttora attuale, accompagnata dall’invito ai battezzati a perseguire l’assoluto primato dell’uomo interiore; essi devono «mirare non a una presenza dei cristiani nelle realtà temporali e alla loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma a una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico» (p. 494). Parole non solo condivisibili, ma ancora più indispensabili quando si cercano le manifestazioni creative delle prime luci dell’alba nella nostra realtà sociale e politica. Alimentare quella speranza che solo l’aurora porta con sé potrebbe essere davvero l’eredità più bella di Giuseppe Dossetti.

 Chiara TINTORI

da

http://www.aggiornamentisociali.it/easyne2/LYT.aspx?Code=AGSO&IDLYT=769&ST=SQL&SQL=ID_Documento=6605

 

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