Un uomo tra gli uomini, sempre, anche nella sventura, anche nel dolore. Ecco in che cosa consiste la vita, questo é il suo compito (F. Dostoevskij).

Giuseppe Savagnone

Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu.
Scrittore ed Editorialista.
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La frattura all’interno della destra

Sulla vicenda del generale Vannacci e del suo ormai famoso libro «Il mondo al contrario» si sono creati molti equivoci, su cui vale la pena di soffermarsi perché, al di là della polemica contingente, è in gioco una questione più di fondo, che riguarda l’esistenza o meno di una cultura “di destra” e la sua capacità di sfidare quella, finora ampiamente egemone, “di sinistra”.

È noto che, fin dai suoi esordi, l’attuale governo ha puntato su questa sfida per legittimare il proprio successo elettorale e trasformarlo in una svolta epocale. Lo ha fatto, per la verità, in modo maldestro, quando il ministro della Cultura Sangiuliano, ansioso di rivalutare la tradizione del pensiero di destra, – «la destra», ha affermato orgogliosamente,  «ha cultura, deve solo affermarla» – si è spinto fino a sostenere arditamente che ne era stato Dante il fondatore, suscitando le divertite ironie dei competenti.

È in questo contesto che si colloca la pubblicazione del libro di Vannacci, che decisamente si pone su una linea alternativa a quella “di sinistra” e ne contesta puntualmente, una dopo l’altra, tutte le tesi. Un testo ambizioso – già per la mole: 354 pagine! – , che si propone di denunziare e ribaltare la visione del mondo oggi dominante e che perciò, più che “conservatore”, va senz’altro definito, in senso proprio, “reazionario”.

Ma qui è cominciato il gioco degli equivoci. Forse il generale, in questo attacco frontale, contava sulla tacita solidarietà del governo. E invece si è trovato davanti a una reazione durissima del ministro della Difesa Crosetto, che lo ha destituito dall’incarico di responsabile dell’Istituto Geografico Militare di Firenze e ha annunciato l’apertura di un’azione disciplinare nei suoi confronti, e ha parlato di «farneticazioni personali (…) che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione».

A questo punto si è scatenata, però, una serie di reazioni che hanno spaccato non solo il fronte dei partiti di destra, ma anche ciascuno di essi al proprio interno. La rottura di gran lunga più grave è venuta con l’intervento del vicepremier leghista Matteo Salvini, che, sconfessando pubblicamente la decisione di un ministro del suo stesso governo, ha espresso la propria solidarietà al generale, appellandosi alla libertà di espressione del pensiero, prevista dalla nostra Costituzione.

Ma non meno traumatica è stata la presa di posizione, nello stesso senso, di due importanti esponenti dello stesso partito di Crosetto, Giovanni Donzelli, responsabile dell’Organizzazione di Fdi e vicepresidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e Galeazzo Bignami, viceministro alle Infrastrutture. Tutti, anche prescindendo dal merito dei problemi affrontati nel libro,  hanno evocato il pericolo di una censura imposta in nome del “politicamente corretto” a favore del pensiero unico dominante.

Le ragioni del ministro …

Crosetto, da parte sua, si è difeso, negando che alla base del suo provvedimento vi sia stato l’intento di limitare la libertà di espressione. «Solo senso delle istituzioni e dello Stato», ha chiarito. Il ministro ha ricordato che «le Forze Armate e di polizia, cui è consentito per legge e Costituzione, l’uso della forza, devono operare prive di pregiudizi di ogni tipo (razziali, religiosi, sessuali). «Perché tutti devono sentirsi sicuri».

Per certi versi la risposta è senz’altro corretta. Il richiamo indiscriminato, da parte dei critici del ministro, alla libertà di pensiero e di espressione prevista dalla Costituzione nasconde un evidente equivoco. Essa non esclude, infatti, delle precise limitazioni legate al ruolo e alla funzione che il singolo è chiamato a svolgere. I rappresentanti delle istituzioni dello Stato, che sono al servizio di tutti i cittadini, non possono permettersi di assumere pubblicamente posizioni ideologiche che implicherebbero una discriminazione a favore di alcuni e a danno di altri.  

Questo è particolarmente vero quando i membri di queste istituzioni godono di particolari prerogative, non concesse ad altri funzionari pubblici, come nel caso della magistratura e dell’esercito. Un giudice, a cui la comunità conferisce lo straordinario potere di decidere della libertà fisica di altre persone, non può dire, al di fuori delle rigide regole processuali, tutto ciò che sa e che pensa personalmente di un imputato, perché verrebbe immediatamente ricusato. E un alto ufficiale, a cui è affidato il monopolio dell’uso delle armi, non può permettersi di esprimere opinioni che possano gettare una qualsiasi ombra sulla assoluta imparzialità del suo operato.

Se uno vuole dire quello che pensa senza limiti, non entra nella magistratura e non fa la carriera militare. Il generale Vannacci è probabilmente un ottimo soldato – il suo curriculum lo attesta senza ombra di dubbio – , ma forse non ha sufficientemente meditato sulle regole della convivenza civile e sugli obblighi che il suo status gli imponeva. Altrimenti non avrebbe preso pubblicamente posizioni così nette e discriminanti – a torto o a ragione – nei confronti di particolari categorie di persone che dovrebbero poter contare sulla sua  assoluta neutralità.

…  E quelle dei suoi critici

Eppure le proteste dei rappresentanti della destra hanno un fondamento. Perché Crosetto non si è limitato a condannare la presa di posizione del generale: ha parlato di «farneticazioni personali (…) che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione». Questo è un giudizio di merito e colpisce il contenuto specifico del libro di Vannacci.

Ora, il paradosso è che questo contenuto esprime in larga misura proprio le posizioni culturali espresse dai partiti di destra nel loro programma elettorale e nelle loro prese di posizione pubbliche. Non a caso la stragrande maggioranza della sinistra, coerentemente, è stata subito solidale con il ministro. Con l’eccezione significativa di Marco Rizzo, presidente onorario dei Comunisti italiani, che ha avanzato il sospetto che la rimozione di Vannacci sia piuttosto legata, in realtà (come il suo esilio da comandante della Folgore a direttore dell’Istituto Geografico Militare) ai due esposti presentati dal generale in cui denunziava l’uso di uranio impoverito durante le missioni all’estero a cui ha partecipato.

Quel che è certo è che gli italiani, che avevano votato in maggioranza per la destra alle elezioni politiche, hanno sancito il successo editoriale del libro. «Il mondo al contrario», anche sospinto dal vento delle polemiche, è balzato al primo posto nella graduatoria delle vendite estive, mentre il suo autore è stato subissato di interviste e di inviti a trasmissioni televisive.

Niente di nuovo sul fronte della destra

Ma che cosa dice il libro? Esso costituisce una denunzia di quello che considera un vero e proprio assalto alla normalità e al buon senso, compiuto in questi anni in nome di minoranze che non vi si inquadrano e che vogliono la prevalenza del marginale sulla norma generale. Emblematico, secondo l’autore, il caso della cultura che oggi equipara i legami tra omosessuali e transgender a quelli “naturali” tra uomo e donna.   

Vannacci non contesta la liceità delle pratiche omosessuali, non contesta il rispetto dovuto anche agli omosessuali e i diritti recentemente acquisiti – ivi incluse, lo dice esplicitamente, le unioni civili. Ciò che rifiuta è la pretesa di essere riconosciuti come “normalità”, ossia in tutto e per tutto alla pari e intercambiabili con l’unione eterosessuale. «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!».

A dispetto delle tre lauree conseguite, il linguaggio del generale risente a volte pesantemente del clima della caserma. Come quando, proprio a proposito degli omosessuali, si lamenta di non poter più usare tanti bei vocaboli che andavano invece di moda una volta: «Pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, femminiello, culattone sono ormai termini da tribunale, non ci resta che chiamarli gay importando un’altra parola straniera nel nostro lessico italiano». O come quando sottolinea che a differenziare uomo e donna è il «batacchio» che si trova fra le gambe del primo e di cui è sprovvista la seconda.

Niente di nuovo, insomma, rispetto a una mentalità diffusa in passato e ancora presente in molti ambienti, in cui ad essere dominante era soprattutto il disprezzo verso chi era diverso – le maledette minoranze, che ora invece hanno preso il sopravvento e schiacciano le persone “normali”.

Tra queste minoranze non potevano mancare gli immigrati. «Ma non prendiamo la migrazione come una fatalità alla quale ci dobbiamo arrendere, è una balla madornale!». Sembrava inserirsi in questo contesto anche la battuta sul colore della pelle della pallavolista Paola Egonu, di origini nigeriane, ma a pieno titolo cittadina italiana, di cui Vannacci sottolinea nel libro che «i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri». Anche se poi in un’intervista, ha precisato che la Egonu «non solo è bravissima, ma è anche molto intelligente perché non si è lamentata. È giustissimo che giochi con l’Italia».

Sulla stessa linea l’esaltazione indiscriminata della legittima difesa privata: «Come si può limitare il diritto alla difesa della propria abitazione e della propria famiglia? (…) Il danno (la morte del ladro) qualora ci fosse, ed anche la perdita della vita, nei casi più estremi, sarebbe da considerarsi auto-procurato (…). Perché non dovrei essere autorizzato a sparargli, a trafiggerlo con un qualsiasi oggetto mi passi tra le mani o a catapultarlo giù dalle scale o dalla finestra dalla quale sta tentando di entrare e renderlo per sempre inoffensivo?».  

Insomma, siamo davanti a un repertorio di luoghi comuni del pensiero e del linguaggio leghista. Non c’è da stupirsi che Salvini abbia offerto la propria piena solidarietà al generale, che, come possibile candidato della Lega, alle prossime elezioni europee, potrebbe garantire al Carroccio un recupero di voti a destra.

Resta da chiedersi se, dopo la spontanea reazione negativa di Crosetto, la Meloni si ricorderà di aver finora in sostanza avallato questa linea e tornerà ad uniformarsi ad essa, anche per non rischiare di perdere consensi, o se avrà il coraggio di cercare piste nuove, che vadano al di là di questa stanca rimasticatura di vecchi slogan.

Per il bene dell’Italia, che ha urgente bisogno di trovare finalmente una vera cultura “di destra” (così come ce ne vorrebbe una “di sinistra”, anch’essa latitante), non possiamo che augurarci che si verifichi questa seconda ipotesi.

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3 Response Comments

  • Pietro Buccheri  agosto 26, 2023 at 12:57 pm

    .
    … trovare finalmente una vera cultura di destra”
    Assolutamente condivisibile l’articolo ma se non conoscessi bene il prof. Savagnone direi che quest’ultima è una espressione che si presta ad equivoci.

    Rispondi
  • Filippo Vitrano  agosto 28, 2023 at 12:21 pm

    Mi permetto un ulteriore approfondimento dei fatti a modesto completamento per un dibattito utile e costruttivo
    Nonostante si parli di frattura culturale a destra anche in altri quotidiani, (spero non schierati in posizioni ideologiche pre concette), ritengo che a ben vedere una lettura che tenga conto delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro Crosetto, prima della pubblicazione degli articoli avrebbe indotto ad una conclusione diversa.
    Infatti è lo stesso Ministro Crosetto che in data martedì 22 agosto in una intervista al corriere della sera -roma, per evitare ogni forma di lettura sbagliata e di strumentalizzazioni del suo operato afferma di avere agito da Ministro e non da politico, chiarendo di avere ” preso decisioni non sulla base di ciò che penso del libro, ma di ciò che devo all’ istituzione che servo. Quindi, consultandomi con i vertici militari, ho chiesto si facesse chiarezza interna, anche per capire se quel libro fosse stato autorizzato, e poi ho agito con tre fini: tutelare lo stesso generale, le Forze armate e i valori costituzionali e repubblicani». «Sono intervenuto, in realtà, per cercare di spegnerlo sul nascere (n.dr. caso politico). Quando mi sono reso conto che stava montando una pesante polemica e che si stava trasformando in un attacco alla Folgore, alle Forze armate e all’Esercito, quindi al cuore della Difesa, sono intervenuto».«Ho detto solo due cose: che non si dovevano giudicare tutte le Forze armate sulla base del pensiero di una persona e che il caso sarebbe stato affrontato secondo le regole dell’ordinamento militare e non sui social.” “…ho agito con tre fini: tutelare lo stesso generale, le Forze armate e i valori costituzionali e repubblicani».”E c’è anche il diritto di Vannacci di non subire ritorsioni per le sue idee e di poter dimostrare di non aver in alcun modo violato le norme che ha sempre fatto rispettare ai suoi sottoposti. Questo è il mio dovere e questo farò applicare”
    Credo sia abbastanza chiaro che nessuna frattura si sia verificata nella destra, avendo il Ministro, con difesa preventiva, voluto tutelare dagli attacchi mediatici di ogni tipo in primo luogo l’ esercito di cui ha la rappresentanza istituzionale, ma anche lo stesso generale e la sua libertà di opinione da sottoporre alla verifica di legittimità secondo le regole interne del codice militare e non già della demolizione mediatica.
    Nessuna frattura dunque ma diversità di ruoli e di competenze che implicano una diversa responsabilità. Condivido l’ operato di Crosetto, che non manca di sottolineare il necessario rispetto della libertà di espressione, peraltro riconosciuto non solo dall’ art. 21. Costituzione, non solo dalla libertà di stampa (giustamente si è detto che non si può dire agli italiani quali libri leggere e quali altri mettere al rogo, ma le idee sono libere e semmai confutabili), diritto di espressione che nella legislazione domestica militare è anche riconosciuto dal codice militare che all’ art. 1472 prevede espressamente per i militari la possibilità di esprimere la propria opinione ” salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta la autorizzazione”
    Bene dunque ha fatto Crosetto a chiedere la verifica del rispetto della suddetta norma, che all’ evidenza appare ad una primo vaglio essere stata rispettata.
    Se questo è il quadro normativo degli appartenenti alle forze armate, diverso è quello della magistratura, erroneamente equiparato a quello del generale, in quanto l’ esercizio della giurisdizione proprio in quanto diretta a risolvere controversie tra due o più soggetti in contrapposizione per l’ applicazione di una norma e la tutela di un diritto, non deve dare a nessuna delle parti in contrapposizione, anche solo il sospetto che il giudice possa essere non neutrale, onde per cui il giudice non solo deve essere, ma deve anche apparire imparziale, e dunque astenersi dall’ esprimere opinioni che potrebbero fare dubitare una delle parti di una posizione preconcetta e non neutrale dello stesso. Il principio è valorizzato anche nel c.d. codice etico approvato dall’Associazione Nazionale Magistrati il 13 novembre 2010, al cui art. 9 si legge: «Il magistrato rispetta la dignità di ogni persona, senza discriminazioni e pregiudizi di sesso, di cultura, di ideologia, di razza, di religione. Nell’esercizio delle funzioni opera per rendere effettivo il valore dell’imparzialità, agendo con lealtà e impegnandosi a superare i pregiudizi culturali che possono incidere sulla comprensione e valutazione dei fatti e sull’interpretazione ed applicazione delle norme. Assicura inoltre che nell’esercizio delle funzioni la sua immagine di imparzialità sia sempre pienamente garantita. A tal fine valuta con il massimo rigore la ricorrenza di situazioni di possibile astensione per gravi ragioni di opportunità» che attualizza una norma cogente e segnatamente l’ art. . 1 del decreto legislativo 23 febbraio 2006 n. 109.
    In tal senso, essendo diverso il quadro normativo, le due figure non possono equipararsi. Ragionando a contrario si arriverebbe al paradosso che tutti i pubblici ufficiali, in quanto svolgenti una funzione istituzionalmente rilevante, non potrebbero esprimere liberamente il proprio pensiero, e non potrebbero scrivere libri sia pure polemici e forse divisivi, rimanendo tale facoltà circoscritta a chi svolge funzioni meno impegnative e di secondario livello. Si arriverebbe, dunque, al paradosso che gli insegnanti i dirigenti dello Stato, i medici tutti pubblici funzionari e rappresentanti delle Istituzioni amministrative, scolastiche, sanitarie, che son chiamati a egualmente a svolgere una delicate e pubblica funzione, sarebbero esclusi da ciò, per cui un insegnante non potrebbe dire o scrivere un libro affermando che l’ unione tra un uomo e la donna costituisce la normalità per ragioni fisiche – riproduttive e secondo natura, perchè sarebbe un omofobo e lesivo dalla pubblica funzione, ( penso al disegno Zan e non oso pensare ex post quello che sarebbe successo nelle scuole), un medico non può dire o scrivere libri, con argomentazioni che esprimono dubbi sulla efficacia del vaccino anticovid in relazione al potere dello stesso di frenare il contagio, o alla somministrazione generalizzata dello stesso, ( peraltro candidamente ammesso ex post dai rappresentanti delle società produttori dei vaccini) perchè diventa censurabile e perseguibile moralmente e bollato come no vax, così come d ‘ altronde anche un comune cittadino non può esprimere dubbi sulle misure adottate per combattere la pandemia, perchè immediatamente bollato come negazionista o terrapiattista ( eppure esistono paesi che hanno adottato legittimamente altre misure ) , nè si possono esprime perplessità sulla origine antropica dei cambiamenti climatici, perchè diventa un antiambientalista e antisistema( eppure esistono scienziati che la pensano diversamente), o alle politiche della unione europea soprattutto in tema di alimenti e politica monetaria, perchè altrimenti sei un sovranista – antieropeista, (eppure molti illustri economisti non sono d’ accordo sulla politica dei tassi di rialzo della BCE, perchè dannosi e inutili di fronte ad una crescita zero,come in Germania, o in presenza di una paventata recessione, che è il contrario della causa della inflazione generata dai costi e non dalla domanda).
    Il libro il mondo al contrario nasce forse come sfogo contro questo tentativo di imporer un pensiero unico e monoblocco, pensiero unico, che tende ad imporsi a detrimento della libera opinione. Come sembra lontano la bellissima espressione i ” non sono d’ accordo con quello che dici , ma darei la vita perchè tu lo dica”.
    La democrazia è fondata sul pluralismo, e il pluralismo esiste sol ose fondato sul rispetto e la libertà delle idee, perchè esse essenziali al dibattito sociale, sicchè chi nega questo può definirsi, a mio avviso, veramente fascista.
    Resta da capire se la libertà di espressione del generale abbia travalicato i giusti limiti alla libertà di opinione. Scrive il sociologo Ricolfi, professore presso la Univesità di Torino e Presidente della fondazione Hume “a difesa del generale Vannacci, sono scesi in campo non soltanto esponenti politici di destra, ma anche personalità dell’area progressista: Piero Sansonetti, direttore dell’Unità; Antonio Padellaro, tra i fondatori del Fatto Quotidiano; Enrico Mentana, Direttore del TG La 7; Elisabetta Trenta, ex ministro della difesa durante il primo governo Conte; Marco Rizzo, presidente onorario del Partito Comunista.” Da ultimo mi permetto di aggiungere dalle colonne della Stampa, anche la storica cattolica Luceta Scarrafia, moglie del prof. Ernesto Galli della Loggia, pur precisando giustamente di non condividere la forma di talune espressioni. Dice la storica ” Il mondo al contrario non è neppure omofobo e razzista. Credo che uno debba potersi esprimere, e non considera neppure la omosessualità come una malattia come invece tanti scienziati trenta anni fa. ”
    “Insomma, la questione è davvero aperta e controversa”afferma Ricolfi ” Quello che la rende tale, a mio parere, è soprattutto una circostanza: l’intervento contro il Generale Vannacci si basa sì sui contenuti del suo libro (definiti “deliranti”, o “farneticanti”), ma non poggia sulla individuazione di alcun reato, né di opinione né di altro tipo, connesso alle idee ivi espresse.
    Il punto è importante perché la Costituzione, dopo aver enunciato il principio della libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21), è piuttosto precisa nell’indicare i casi nei quali il principio può essere sospeso, a tutela di altri principi che con esso possono confliggere. I casi principali sono l’offesa al buon costume (menzionato nell’articolo 21) e la commissione di un ben circoscritto insieme di reati: minaccia, vilipendio, istigazione a delinquere, calunnia, diffamazione, ingiuria (dal 2016 declassata da reato penale a illecito civile).” “Dunque, quello cui ci troviamo di fronte, in questo come in numerosi casi consimili nelle aziende, nelle università, negli apparati pubblici, è un intervento contro la libertà di manifestazione del pensiero che non viene esercitato in sede penale o civile, ma su base per così dire amministrativa, semplicemente lungo la catena di comando di una istituzione. Si punisce, si sospende, si multa, si trasferisce, si licenzia un dipendente non perché il suo comportamento sul lavoro va contro una policy, un regolamento, un codice etico, ma perché – al di fuori del lavoro – ha espresso un pensiero che non integra alcun reato ma dai superiori è ritenuto incompatibile con la sua posizione nell’istituzione.”
    Condivido questa impostazione, del tutto corretta anche giuridicamente, altrimenti che differenza vi sarebbe tra un mondo libero e una società talebana e integralista?
    Ciò che è, peraltro,la prefazione al testo del libro il mondo al contrario che si trova su Amazon, e che costituisce la dichiarazione di intenti e la ragion d’ essere del libro che sembra quella contro un atteggiamento repressivo e ideologizzante, incompatibile con un pensiero libero e indipendente, che non offende specifiche persone, ma che, sia pure trattandosi di un libro invettiva e polemico e che nel linguaggio poteva essere sicuramente più sobrio.
    D’ altronde, però, è giusto riflettere che altri più illustri e esaltati scrittori non hanno avuto alcuna remora dire “Bastardo” al Presidente del Consiglio, senza che nessuno si indignasse pubblicamente per avere offeso il Capo del governo Italiano, o altri ancora azioni platealmente violente e provocatorie come i cortei di qualche mese fa, aNapoli e Bologna, dove il Presidente del Consiglio viene raffigurata a testa all’ in giù,o quella di un famoso cantante straniero, che in una pubblica manifestazione grida i parole come pezzo di .. all’ indirizzo del Capo del governo italiano, senza che i giornali oggi schierati o ancora più altre supreme Istituzioni super partes, facciano sentire la loro voce di indignazione.
    Dice il generale nella prefazione di intenti ” il titolo la dice lunga sul tenore e sui contenuti di questo libro. “Il Mondo al contrario” vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità. “Cosa c’è di strano? Capita a tutti, e spesso” – direte voi. Ma la circostanza anomala è rappresentata dal fatto che questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l’impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati.

    Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività. I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo; di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy.”
    Dice ancora Ricolfi a proposito di un certo tipo di stampa:” Nel caso Vannacci è andata così. Il 10 agosto il libro, autopubblicato e acquistabile su Amazon, esce senza particolare clamore. Dopo qualche giorno, però, numerosi media progressisti mettono in atto una delle pratiche meno scientifiche (e meno professionali) del mondo dell’informazione: individuato come nemico un determinato testo, lo si sottopone a una sorta di Tac, o meglio scintigrafia (esame accuratissimo, in grado di individuare le minime anomalie) per isolarne i passaggi più scottanti e discutibili; identificati tali passaggi, li si estrae dal contesto, li si ritocca un po’, e li si dà in pasto all’opinione pubblica, trascurando del tutto le argomentazioni (spesso assai articolate) del libro; dopodiché, incuranti della pubblicità gratuita che così si offre al testo incriminato, si dà inizio alla lapidazione del suo autore, che per giorni e giorni prosegue sulla carta stampata, sui social e in tv.”

    Come mi piacerebbe che ci fosse in Italia un dibattito più costruttivo, sia pure nelle differenze, senza strumentalizzazioni o demonizzazioni pre concette ( la destra è omofoba la sinistra è buona e conosce il bene), senza plotoni di esecuzione o bollature offensive, ma costruttivo, meno schierato in una non meglio definita cultura di destra e sinistra, ma fondato sul benessere dell’ uomo, sul rispetto dei limiti anche di natura condivisi, e un dibattito che anche nei giornali, come dice il Papa, sia verso ” una comunicazione costruttiva che nel rifiutare i pregiudizi verso l’ altro, favorisca una cultura dell’ incontro e della pace, una cultura dell’ ascolto dell’ altro e delle sue ragioni contro le manipolazioni per orientare l’ opinione pubblica”.

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    • giuseppe savagnone  agosto 29, 2023 at 1:45 pm

      Una sola osservazione sul la presa di posizione del ministro: è. verissimo che di per sé poteva essere solo una doverosa scelta istituzionale (come dico nell’articolo), ma non è stata più soltanto questo (e lo noto sempre nell’articolo) quando ha parlato di “farneticazioni”. Questo crea un problema sul merito di tesi che sono tipiche della destra di cui Crosetto e esponente.

      Rispondi

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