Un uomo tra gli uomini, sempre, anche nella sventura, anche nel dolore. Ecco in che cosa consiste la vita, questo é il suo compito (F. Dostoevskij).

Dario Cataldo

Dopo la Laurea in Scienze dei Beni Culturali, ha conseguito una specializzazione in Comunicazione. È un giornalista vaticanista, iscritto all’Ordine dei giornalisti di Sicilia. Segretario provinciale della sezione di Palermo dell’Ucsi – Unione Cattolica Stampa Italiana – collabora con diverse testate giornalistiche per argomenti legati all’informazione religiosa e alla cultura.
Dario Cataldo
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By Photo by Ggia, dust spots/scratches removed by Kim Hansen. Edges cropped due to scan. Further restoration improvements using masks by Ggia. – File:20101009 Arrested refugees immigrants in Fylakio detention center Thrace Evros Greece.tif, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17437976

Un accordo che a distanza di un anno dalla firma genera ancora polemiche e malumori. Tra coloro che  condannano il documento c’è anche Amnesty International, per la quale gli effetti, sul medio e lungo periodo sono stati devastanti. Gauri van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa, dichiara: “L’accordo tra Unione europea e Turchia è stato un disastro per le migliaia di persone abbandonate a se stesse in un limbo pericoloso, disperato e apparentemente senza fine sulle isole greche.

“E’ del tutto ipocrita – continua il vicedirettore – che i leader europei descrivano l’accordo come un successo, mentre chiudono gli occhi di fronte al costo, insopportabilmente alto, pagato da chi ne sta subendo le conseguenze”.

Il patto che è entrato in vigore ha costretto migranti e i rifugiati a spostamenti in centri di detenzione. Anche se il protocollo non è più applicato rigidamente, coloro che vivono in tali nei campi non possono tuttora lasciare i luoghi di destinazione – nella fattispecie le isole greche –  e “sono costretti a vivere in condizioni squallide per mesi e mesi in campi sovraffollati dove manca l’acqua calda, l’igiene è scarsa, il cibo è insufficiente e le cure mediche sono inadeguate”.

L’Associazione per la tutela dei diritti umani, non soltanto denuncia il degrado strutturale ma anche quello fisico dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Inoltre, a tale condizione, si aggiunge anche la preoccupazione per la sicurezza dei locali, che alimenta un clima ostile e di tensione. Un esempio tangibile è testimoniato da quanto accaduto nel campo di Souda dell’isola di Chio, in cui dei rifugiati hanno subito attacchi motivati da odio.

Il disagio include anche la sfera sessuale, in quanto la sicurezza è carente soprattutto per le donne, costrette a vivere nei campi insieme agli uomini, a usare le stesse docce e gli stessi servizi igienici. Le conseguenze sono immaginabili: parecchie donne hanno denunciato di aver subito aggressioni sessuali e violenza domestica.

Conclude van Gulik che: “Fino a quando la Turchia non sarà un Paese sicuro, l’Unione europea dovrà cooperare con le autorità di Atene per trasferire urgentemente i richiedenti asilo dalle isole greche alla terraferma e verso altri paesi europei”.

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