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1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Lo scenario della pagina evangelica scritta da Matteo mostra Gesù seduto in alto con una platea di folle assiepate ai piedi del monte, con i discepoli a fargli da corona. Uno scenario regale che presenta la figura di Gesù come il maestro che sa guardare a quelli che lo cercano, lo incontrano e lo seguono, sa discernere innanzitutto la loro fatica e la loro sofferenza, e sa rivolgere loro parole di vita. Il Discorso non si presenta come una sequenza di precetti. Ha piuttosto la forma di una comunicazione confidenziale, anche se ferma, di un nuovo modo di concepire la vita.
Ecco allora il grido: “Ashrè”, parola ebraica tradotta con “beati” che costituisce un invito alla pienezza di vita, alla consapevolezza di una gioia che niente e nessuno può rapire né spegnere. Come un rintocco vibrante di una campana, questa espressione ritorna forte e chiara per nove volte promettendo una felicità, a prima vista impossibile da realizzare, quasi sempre in relazione a qualche disgrazia terrena (povertà, lacrime, fame e sete, persecuzioni) o ad atteggiamenti che in questo mondo non sono ricompensati (mitezza, misericordia, persecuzioni). La novità di questa beatitudine, presentata attraverso brevi frasi dirette, plastiche, piene di fatti e di gesti della vita quotidiana, non ha bisogno di lunghe spiegazioni: nessuno può sfuggire alla forza e all’evidenza di quelle parole così semplici, che raggiungono ogni uomo. Il Regno opera un capovolgimento profondo dei nostri sentimenti, delle nostre concezioni e relazioni. Ne deriva uno stile di vita insieme semplice e grandioso. Interiorità, totalità, radicalità sono le sue caratteristiche fondamentali. Quanto ai frutti visibili, si potrebbero così elencare: l’umiltà e la preghiera profonda e consolante, la mitezza e la ricerca costante della giustizia e della pace, uno sguardo benevolo e la capacità del perdono senza misura, la lealtà e la sincerità assoluta, il superamento dell’angoscia, della preoccupazione e dell’affanno, il coraggio di soffrire per Dio e per la verità.
Queste esperienze misteriose di vuoto nella nostra vita, a volte percepite come lancinanti, se accettate e offerte a Dio, divengono il segno certo che il Regno di Gesù bussa alle porte del nostro cuore chiamandoci alla beatitudine.
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